© CSI - Comitato di Volterra
LA CORTE COSTITUZIONALE SULLA CO-PROGETTAZIONE
Terzo
settore:
Sciolti
i
dubbi
interpretativi
sull’art.55
del
Codice
del
Terzo
Settore
Alceste Santuari | 30 giugno 2020
L’art.
55
del
Codice
del
Terzo
Settore
stabilisce
che
la
co-progettazione,
ancorata
sia
all’art.
118
Cost.,
sia
alla
legge
n.
241/1990,
“è
finalizzata
alla
definizione
ed
eventualmente
alla
realizzazione
di
specifici
progetti
di
servizio
o
di
intervento
finalizzati
a
soddisfare
bisogni
definiti[…]”.
Gli
enti
locali
hanno
dunque
la
possibilità
di
condividere,
stabilire
insieme,
individuare
i
percorsi
più
adeguati
in
forma
congiunta
con
gli
ETS
interessati
per
definire
progettualità
che
permettano
di
realizzare
la
finalità
di
cui
all’art.
55
CTS.La
co-progettazione,
pertanto,
postula
una
procedura
ad
evidenza
pubblica
che
tuttavia
non
può
essere
confusa
con
l’applicazione
degli
articoli
del
codice
degli
appalti.
Le
finalità
sono
diverse
e
nel
caso
della
co-
progettazione
la
selezione
è
riservata
alle
sole
organizzazioni
non
profit.
O
é
quindi
coprogettazione
o
è
codice
dei
contratti
pubblici.
E
tale
collocazione
non
risulta
contraria
al
diritto
europeo,
anzi.
Benché
l’architettura
istituzionale
comunitaria,
così
come
disegnata
dai
Trattati,
sia
tutta
definita
da
un’impostazione
che
tende
a
favorire
la
realizzazione
di
un
mercato
comune
in
senso
pro-concorrenziale,
le
legislazioni
dei
singoli
Stati
membri
sono
tutte
permeate
dal
riconoscimento
della
fondamentale
funzione
programmatoria
degli
enti
pubblici,
capace
di
stimolare e valorizzare l’apporto, spesso innovativo, delle imprese non profit.
È
nel
contesto
normativo
sopra
brevemente
richiamato
che
si
deve
collocare
la
sentenza
della
Corte
costituzionale
n.
131
del
26
giugno
2020,
con
la
quale
il
giudice
delle
leggi
ha
inteso
evidenziare
non
soltanto
la
legittimità
della
coprogettazione
(istituto
giuridico
di
cui
all’art.
55
CTS)
ma,
soprattutto,
dichiarare
la
“fine
delle
ostilità”
nei
confronti
di
modalità
e
procedure
adottate
diverse
da
quelle
che
caratterizzano
invece
il
confronto
della
concorrenza
e
del
mercato.
La
sentenza
definisce
l’art.
55
quale
“vera
e
propria
procedimentalizzazione”
dell’azione
sussidiaria,
che
rafforza
e
struttura
maggiormente
quanto
già
previsto
nella
legislazione
precedente.
In
questa
prospettiva,
l’art.
55
CTS
risulta
pertanto
funzionale,
integrante
e
necessario
allo
scopo
di
realizzare,
di
concerto
con
l’apparato
pubblico,
finalità
di
interesse
generale.
La
partecipazione
degli
ETS
non
può
dunque
essere
considerata
un
eventualità
residuale
rispetto
ad
altri
strumenti
giuridici,
ma
assume
una
rilevanza
fondamentale
nei
processi
di
condivisione
e
programmazione
degli
interventi
e
delle
azioni
a
favore
della
comunità.
In
quest’ottica,
occorre
ribadire
che
l’art.
55
CTS
individua
le
modalità
e
gli
strumenti
necessari
a
conseguire
gli
obiettivi
individuati
dall’art.
1,
comma
1
del
medesimo
Codice,
identificati
nel
perseguimento
del
bene
comune,
nel
promuovere
i
livelli
di
cittadinanza
attiva, di coesione e protezione sociale.
Le
finalità
indicate
dal
CTS
permettono
quindi
di
comprendere
perché
il
giudice
costituzionale
contempli
la
co-progettazione
quale
istituto
giuridico
che
permette
di
individuare
un
“canale”
di
cooperazione
tra
ETS
e
pubblica
amministrazione
“alternativo
a
quello
del
profitto
e
del
mercato”
e
capace
di
superare
il
tradizionale
rapporto
sinallagmatico.
La
sentenza
in
argomento
conferma
la
piena
legittimità
di
rapporti
che
non
si
fondano
unicamente
sulla
relazione
di
scambio
tra
prestazioni
erogate
dagli
ETS
e
corrispettivi
previsti
e
versati
dalla
P.A.
-
L’art.
55,
sia
per
i
richiami
espressi
alla
disciplina
sul
procedimento
amministrativo,
sia
in
ragione
degli
obiettivi
che
i
diversi
istituti
giuridici
ivi
contemplati
intendono
realizzare
non
rappresenta
una
“variazione sul tema” degli affidamenti / appalti. (direttiva 2014/24/UE)
In
quest’ottica,
non
sfugge
il
diverso
approccio
che
ha
caratterizzato
invece
la
pronuncia
dei
giudici
costituzionali
rispetto
al
recente
parere
del
Consiglio
di
Stato.
Mentre
le
sentenze
della
Corte
costituzionale
muovono
dal
riconoscimento
degli
enti
del
terzo
settore
quali
protagonisti
di
un
sistema
pluralistico
di
interventi
e
di
azioni,
vincolati
al
perseguimento
di
finalità
di
interesse
generale,
i
giudici
di
Palazzo
Spada
sembrano
essersi
fermati
all’identificazione
del
perimetro
entro
cui
gli
enti
del
terzo
settore
devono
operare.
Detto
perimetro
è
caratterizzato
dalla
necessità
di
rispettare
i
canoni
imposti
dal
rispetto
del
principio
di
concorrenza
(di
derivazione
eurounitaria).
Si
ritiene
opportuno
rilevare,
al
riguardo,
che
la
riforma
del
terzo
settore
è
tutta
pervasa,
fin
dai
primi
articoli
della
legge
delega,
da
una
profonda
consapevolezza
del
quadro
normativo
e
interpretativo
di
matrice
comunitaria,
il
quale
peraltro
stabilisce
alcune
“corsie
preferenziali”
proprio
a
favore
degli
enti
non
profit.
Le
procedure
e
gli
istituti
giuridici
contemplati
dalla
riforma
non
intendono
infatti
negare
ovvero
derogare
ai
canoni
pro-concorrenziali.
Essi,
al
contrario,
rispettando
i
principi
che
debbono
informare
l’azione
della
P.A.
(art.
97
Cost.)
riconoscono
che
i
servizi
e
le
attività
oggetto
dell’azione
degli
enti
del
terzo
settore (le attività di interesse generale) richiedono strumenti, modalità,
approcci
e,
finanche,
regole
che
consentano
di
valorizzare
l’apporto
qualitativo,
progettuale
e
identitario
delle
organizzazioni
non
profit.
La
Corte
costituzionale
–
a
questo
riguardo
–
ricorda
che
l’autonoma
configurazione
degli
enti
del
terzo
settore
può
invero
contribuire
a
rispettare
una
diversità
giuridica
collocata
in
un
contesto
pluralista.
Le
organizzazioni
non
profit
e
con
esse
le
responsabilità
istituzionali
degli
enti
pubblici
potranno
progredire
se
l’ordinamento
giuridico
saprà
riconoscere
e
“selezionare”
gli
strumenti
ritenuti
più
adeguati
per
realizzare
le
finalità di interesse generale sottese alla loro azione congiunta.
In
definitiva,
con
l’intervento
del
giudice
costituzionale,
che
ha,
seppure
in
modo
diverso,
salvaguardato
le
autonomie
regionali,
si
chiude
un
periodo
di
incertezza
e
di
ambiguità
intorno
al
valore
giuridico
degli
istituti
di
cooperazione
tra
enti
pubblici
ed
ETS:
questi
ultimi
risultano
valorizzati
e
rafforzati
nella
loro
dimensione
pubblicistica.
Gli
enti
locali,
le
aziende
del
servizio
sanitario,
le
società
partecipate
e
tutti
gli
altri
enti
di
diritto
pubblico
possono
(ora)
senza
più
alibi,
definire
i
percorsi
–
anche
in
forma
di
autoregolamentazione
–
più
adeguati
per
realizzare
le finalità di cui all’art. 1 del Codice del Terzo settore.
RIFORMA DEL TERZO SETTORE
Da
diversi
anni,
nel
non
profit
italiano
si
discute
della
Riforma
del
Terzo
Settore.
Alcuni
aspetti
sono
già
operativi,
per
altri
ci
sono
ancora
dei
punti
interrogativi.
Ciò
che
è
certo
è
che
la
nuova
normativa
porta
con
sé
diversi
cambiamenti
che
riguardano
tutti:
donatori,
lavoratori,
volontari,
consiglieri,
organizzazioni,
pubblica
amministrazione,
beneficiari...
E'
per
questo
che
fin
dall'inizio
abbiamo
ritenuto
importante
dedicare
grande
attenzione
alla
nuova
normativa
e,
se
nell'agosto
2017
abbiamo
lanciato
la
prima
versione
della
Guida
alla
Riforma,
oggi
siamo
felici
di
presentarti
la
Guida
alla
Riforma
del
Terzo
Settore
3.0.
Che
cosa
c’è
di
nuovo?
La
nuova
Guida,
realizzata
in
collaborazione
con
Fondazione
Cariplo,
mette
al
centro
le
esigenze,
i
dubbi
e
i
bisogni
dell'utente.
A
seconda
di
ciò
che
serve
infatti
si
possono
costruire
percorsi
personalizzati.
•
Sei
un
donatore?
Scopri
le
agevolazioni
fiscali
•
Sei
un
volontario?
Non
perderti
le
novità
su
rimborsi,
assicurazioni,
attività
•
Collabori
con
un
ente
non
profit?
Puoi
scoprire
cosa
cambia
sul
lavoro
e
quali
nuove
opportunità
ci
possono
essere
L’esperienza
di
navigazione
della
nuova
sezione
pone
l’accento
sulle
questioni
pratiche.
Al
suo
interno
trovi
oltre
250
contenuti
(e
il
numero
continuerà
a
crescere)
che
coprono
aspetti
tecnici
spiegati
in
modo
semplice,
ma
non
solo:
riflessioni,
approfondimenti
e
definizioni
per
non
farsi
cogliere
impreparati.
La
Guida
alla
Riforma
3.0
è
fruibile
gratuitamente
per
permettere
a
tutti
di
informarsi,
approfondire
e
confrontarsi.
Ecco
il
link
per
seguire
tutte
le
fasi
della
Guida
alla
Riforma del Terzo Settore 3.0
h
t
t
p
s
:
/
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i
t
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l
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-
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i
f
o
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m
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-
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RIFORMA
DELLO
SPORT:
I
CONTI
NON
TORNANO,
CONTA
LA
STORIA
Viviamo
un
tempo
di
scelte
complicate
e
dobbiamo
prenderne
atto.
In
passato
ci
siamo
sempre
basati
sulle
esperienze
pregresse,
sul
nostro
vissuto,
quali
basi
di
partenza;
in
questo
momento
siamo
invece
chiamati,
tutti,
ad
inventarci
un
nuovo
modo
di
essere
Csi,
rinnovandoci
profondamente
pur
senza
rinnegarci.
Facendo
i
conti
con
la
nostra
struttura,
con
i
nostri
associati,
con
le
società
sportive
affiliate,
con
le
risorse
umane
ed
economiche
a
disposizione.
Abituati
a
progettare
il
futuro
mettendo
a
frutto
competenze,
disponibilità
di
persone
e
risorse
economiche
basandoci
su
ragionevoli
certezze,
oggi
purtroppo
non
è
più
così.
Siamo
perciò
chiamati
ad
una
compattezza
associativa
alla
quale
non
eravamo
più
abituati.
Rileviamo
oggi
che
le
scelte
governative
in
materia
di
sport
non
sono
quelle
giuste.
D’improvviso
ci
è
chiesto
di
accettare
–
in
un
anno
già
funestato
dalla
più
grande
crisi
socio–economica
mai
avuta
nella
storia
del
Csi
–
tagli
consistenti
ai
finanziamenti
che
lo
Stato
destina
allo
sport
di
base,
senza
una
logica
giustificazione.
Responsabilmente,
per
il
ruolo
che
ricopro,
non
posso
dimenticare
che
il
Csi
dà
un
lavoro
dignitoso
e
stabile
a
centinaia
di
persone.
Certo
non
siamo
soli;
in
questa
situazione
drammatica
anche
per
quanto
potrebbe
accadere
nei
prossimi
mesi
con
il
venir
meno
dei
sostegni
sociali
allo
sport
di
base,
sappiamo
di
dovere
rispetto
alle
sofferenze
di
tutti.
Ma
va
rilevato
l’enorme
fardello
che
il
Governo
carica
sulle
spalle
di
Enti
come
il
nostro,
dove
“lavorare”
per
lo
sport
vuol
dire
sobrietà,
rigore
ed
equilibrio
tra
lavoro
e
volontariato.
Il
rischio
di
non
avere
più
le
risorse
per
far
ripartire
le
attività
giovanili
e
dilettantistiche
è
alto,
e
con
esse
tutti
quei
momenti
di
relazione
interpersonale
e
di
formazione
umana,
proprio
nel
momento
in
cui
ve
n’è
più
bisogno.
Nel
secondo
dopoguerra,
l’Italia
ricostruì
l’unità
nazionale
e
la
sua
ripartenza
anche
grazie
alla
nascita
e
allo
sviluppo
di
organizzazioni
associative
–
come
gli
Enti
di
Promozione
Sportiva
–
in
grado
di
soddisfare
senza
grandi
costi
per
lo
Stato,
il
crescente
bisogno
di
socialità,
di
impegno
culturale
ed
educativo.
È
una
lezione
presto
dimenticata.
Il
trionfo
dell’individualismo,
di
una
spersonalizzazione
dell’aggregazione
sociale,
di
uno
sport
finalizzato
solo
all’alta
“performance”,
all’eccellenza
e
alla
selezione
dei
migliori
(teorizzati
però
da
una
classe
politica
sempre
più
incapace
di
comprendere
il
valore
sociale,
economico
e
culturale
dell’associazionismo
sportivo
di
base),
toglie
ora
risorse
ad
un
ambizioso
piano
di
investimenti,
atti
a
sostenere
la
ripartenza
dei
comitati
territoriali
e
delle
attività
sportivedi
base,
lasciando
negli
Enti
come
il
nostro,
sconcerto
e
forte
preoccupazione
per
il
destino
dei
nostri
campionati
giovanili
e
amatoriali.
Credevo
fosse
semplice
capire
che
certe
scelte
irragionevoli
avrebbero
demolito
l’attività
sportiva
di
base,
cioè
l’ossatura
più
consistente
del
sistema
sportivo
italiano.
Mi
chiedo,
allora,
cosa
potrebbe
succedere
tra
poche
settimane
con
il
varo
della
riforma
dello
sport
che,
a
colpi
di
decreto,
non
godrà
di
importanti
passaggi
parlamentari.
È
francamente
buffo
quanto
inutile
fare
analisi,
convegni,
produrre
documenti
o
“dirette
social”
per
esaltare
il
valore
dello
sport
nei
contesti
sanitari,
economici
e
culturali,
per
poi,
al
primo
soffio
di
vento,
dimenticarsi
tutto
e
compiere
scelte
che
minano
le
vere
fondamenta
della
promozione
sportiva.
Il
Csi
non
fa,
e
perciò
non
chiede
assistenzialismo,
ma
solo
il
giusto
riconoscimento
per
il
lavoro
che
sta
svolgendo
per
i
cittadini.
Ci
faccia
capire
il
Governo
se
nella
sua
visione
del
futuro
del
Paese
c’è
posto
per
lo
sport
di
tutti
o
esiste
solo
lo
sport
di
pochi.
Fonte:
Vittorio
Bosio
Presidente
CSI
Nazionale
CSI
E
CNS
INSIEME
PER
LA
RIPARTENZA,
ALL'INSEGNA
DELLA
SICUREZZA
La
convenzione
con
il
Consorzio
Nazionale
Servizi
per
la
sanificazione
degli
ambienti
dei
centri
sportivi,
palestre
e
oratori
rientra
nel
progetto
"Safe
Sport".
Il
Centro
Sportivo
Italiano
e
il
Consorzio
Nazionale
Servizi
(CNS)
hanno
firmato
un
accordo
per
la
sanificazione
degli
ambienti
dei
centri
sportivi,
palestre
e
oratori
affiliati
al
CSI.
Per
la
gestione
delle
attività
il
CNS
si
avvarrà
della
Piattaforma
gestionale
OFM
(Open
Facility
Management)
progettata
dal
Consorzio
per
offrire
soluzione
tecnologicamente
all'avanguardia;
attraverso
OFM
tutte
le
informazioni
relative
al
servizio
saranno
tracciate,
con
alert
automatici,
analisi
e
tracking
dei
dati
e
una
reportistica
visualizzabile
in
tempo
reale.
Tramite
le
APP
progettate
dal
CNS,
le
società
affiliate
al
CSI
saranno
in
grado
di
interagire
con
il
sistema
centrale
e
di
verificare
tutte
le
informazioni
relative
all'intero
processo
di
erogazione
dei
servizi.
Nei
prossimi
giorni
verrà
attivato
anche
un
numero
verde
dedicato
alle
società
affiliate
al
CSI.
"La
sanificazione
degli
ambienti
risulta
fondamentale
in
questo
periodo,
per
questo
-
spiega
Luigi
Zucchelli,
Direttore
Area
tecnica
integrata
e
sviluppo
CNS
-
abbiamo
lanciato
il
progetto
RiGenera
che
potenzia
ulteriormente
l'offerta
del
CNS
nella
sanificazione
e
l'igienizzazione
degli
ambienti.
Siamo
presenti,
con
le
nostre
160
imprese,
su
tutto
il
territorio
nazionale".
La
convenzione
con
CNS
rientra
nel
progetto
Safe
Sport
,
che
il
CSI
ha
varato
per
ripartire
in
sicurezza
con
le
attività
sportive,
grazie
ad
un
protocollo
elaborato
con
il
supporto
della
Sezione
igiene,
Dipartimento
Scienze
della
Vita
e
Sanità
Pubblica
della
Facoltà̀
di
Medicina
dell'Università̀
cattolica
del
Sacro
Cuore.
"Safe
sport
ora
è
anche
una
piattaforma
di
servizi
e
convenzioni
-
spiega
Vittorio
Bosio,
Presidente
nazionale
del
CSI
-
e
quella
con
CNS
rappresenta
un'opportunità,
in
tutta
Italia,
per
assicurarsi
servizi
di
sanificazione
e
pulizia
a
tutela
di
tutti
gli
atleti e le atlete e degli educatori sportivi".
AL VIA FASE NAZIONALE HOMELIMPIADI
Artistica
e
Ritmica
CSI:
da
casa
400
in
finale,
l’Italia
della
ginnastica
Csi
è
pronta
a
vivere
un
weekend
eccezionale,
atleti
collegati
dalla
passione
per
la
ginnastica,
da
nove
regioni
italiane.
Dal
pomeriggio
di
venerdì
10
luglio
in
gara,
da
casa,
299
finalisti
qualificati
con
le
prime
categorie
della
ginnastica
artistica
(10-12
luglio),
categorie:
278
nel
programma
femminile
e
21
nel
maschile,
in
rappresentanza
di
6
regioni:
Marche,
Campania,
Emilia
Romagna,
Piemonte,
Lazio
e
Trentino-Alto
Adige/Südtirol.
Le
ammissioni
alla
fase
nazionale
sono
state
stabilite
secondo
criteri
di
qualificazione
per
ogni
categoria
e
livello.
Sabato
11
luglio
fase
finale
ginnastica
ritmica,
in
gare
100
ginnaste
finaliste
in
rappresentanza
di
7
regioni:
Emilia
Romagna,
Trentino
Alto
Adige/Südtirol,
Sardegna,
Piemonte,
Liguria,
Toscana,
Lazio.
I
primi
esercizi
in
video
nella
mattinata,
in
pedana
con
Lupette
medium
e
Tigrotte
Large
a
fare
da
apripista.
Domenica
12
luglio
mattina,
gli
ultimi
esercizi
per
entrambe
le
discipline
e
premiazioni
a
fine
gara
per
ogni
livello
di
categoria.
Non
vi
saranno
gli
attrezzi
canonici
della
ginnastica,
la
gara
nazionale
è
a
corpo
libero
“a
distanza”
su
una
piattaforma
online
con
programmi
di
attività
adattati
agli
spazi
casalinghi
e
la
giuria
collegata
via
web
per
assegnare
punteggi
e
stilare
le
classifiche.
Dopo
una
serie
di
iniziative
territoriali
che
hanno
coinvolto
complessivamente
1.472
atleti
di
10
regioni,
durante
il
lockdown
il
Csi
ha
sperimentato
nuove
attività
per
“risvegliare”
la
voglia
di
sport
e
mantenere
viva
negli
atleti,
istruttori
e
società
sportive,
la
voglia
di
stare
insieme e di allenarsi in un contesto di divertimento e di festa.
FIGURA DEL VOLONTARIO
E INCOMPATIBILITÀ DI QUALUNQUE FORMA DI RETRIBUZIONE.
Come
noto,
l’art.
17
del
Codice
del
Terzo
settore
ai
commi
3
e
5
stabilisce
il
principio
di
gratuità
dell’attività
del
volontario,
con
eccezione
del
rimborso
delle
spese
sostenute
e
documentate
entro
limiti
massimi
predefiniti,
il
divieto
dei
rimborsi
forfetari
e
l’incompatibilità
tra
la
posizione
del
volontario
e
ogni
forma
di
prestazione
lavorativa
retribuita
dall’ente
di
cui
il
volontario
è
socio,
associato
o
tramite
cui
presta
attività
volontaria.
Muovendo
dalla
formulazione
dell’articolo
17,
comma
1,
ai
sensi
del
quale
gli
ETS
possono
avvalersi
di
volontari
nello
svolgimento
delle
proprie
attività,
si
deve
ritenere
che
rientri
nel
concetto
di
attività
di
volontariato
non
solo
quella
direttamente
rivolta
allo
svolgimento
di
una
o
più
attività
di
interesse
generale,
costituenti
l’oggetto
sociale
dell’
ente,
ma
altresì
l’attività
relativa
all’esercizio
della
titolarità
di
una
carica
sociale,
in
quanto
strumentale
all’implementazione
dell’oggetto
sociale
dell’ente.
In
tale
prospettiva,
l’esercizio
di
una
carica
sociale
si
può
atteggiare
in
termini
di
attività
di
volontariato
ove
risponda
ai
requisiti
declinati
nell’articolo
17,
comma 2, tra i quali spicca in primis la gratuità.
CONTRIBUTO A FONDO PERDUTO:
COME NE POSSONO USUFRUIRE GLI ENTI NON PROFIT
Stanziati
finora
più
di
2,9
miliardi
di
euro
per
la
misura
di
sostegno
prevista
dal
decreto
Rilancio.
Potranno
accedere
anche
gli
enti
non
commerciali,
ma
a
determinate
condizioni,
ma
non
quelli
che
possiedono
solo
il
codice
fiscale.
Ecco
gli
esempi
per
facilitare
il
calcolo
e
le
indicazioni
sulla
procedura.
Il
contributo
può
essere
richiesto
dai
soggetti
esercenti
attività
d’impresa
e
di
lavoro
autonomo
e
di
reddito
agrario,
titolari
di
partita
Iva,
ad
eccezione
di
quelli
previsti
dall’art.25,
c.2
del
Decreto
“Rilancio”.
Per
ricevere
il
contributo
i
soggetti
devono
aver
iniziato
l’attività
in
data antecedente al 1° maggio 2020.
Possono
richiedere
il
contributo
anche
gli
enti
non
commerciali
di
cui
all’art.73,
c.1,
lett.
c)
del
D.P.R.
917
del
1986
(cosiddetto
Tuir),
che
esercitano
attività
commerciale
in
via
non
esclusiva
né
prevalente,
compresi
gli
enti
del
Terzo
settore
e
gli
enti
religiosi
civilmente
riconosciuti.
Non
lo
possono
quindi
richiedere
gli
enti
non
commerciali
in
possesso
del
solo
codice
fiscale,
non
svolgenti alcuna attività commerciale.
Le
condizioni
affinché
gli
enti
non
profit
possano
accedere
al
contributo
sono
le
stesse
previste
per le imprese, e cioè:
1.
un
volume
di
ricavi
commerciali
nel
periodo
di
imposta
precedente
a
quello
in
corso
al
19
maggio
2020,
data
di
entrata
in
vigore
del
Decreto
“Rilancio”
(quindi
1°
gennaio
2019-31
dicembre
2019,
per
i
soggetti
il
cui
periodo
di
imposta
coincide
con
l’anno
solare)
non
superiore
a 5 milioni di euro;
2.
l’ammontare
del
fatturato
e
dei
corrispettivi
del
mese
di
aprile
2020
deve
essere
inferiore
ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019.